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Matzuoka storia di un’armatura giapponese

STORIA > GIAPPONE
Matzuoka storia di un’armatura giapponeseMatzuoka
di Riccardo Caimmi

 
Le presenti note trattano di un’armatura (Yoroi) risalente al periodo Edo, altrimenti detto Tokugawa, che durò 264 anni (1603-1867) durante i quali il Giappone conobbe un lungo periodo di pace, altresì caratterizzato, in particolare dalla metà del XVII secolo, dall‘autarchia e dall‘isolamento (sakoku). Questo periodo storico, che sancì il dominio assoluto e incondizionato della classe guerriera (buke), posta al vertice della scala sociale, prende nome dalla capitale Edo, sede dello Shōgun, ribattezzata Tokio nel 1869. In quest‘epoca la qualità delle armature giapponesi raggiunse un livello particolarmente elevato, sì da esprimere il rango, il potere e la ricchezza di chi le possedeva. Questa armatura, nel suo complesso semplice ed essenziale, di primo acchito farebbe pensare all’equipaggiamento di un ashigaru (letteralmente “piede leggero”), il fante inizialmente armato di arco o di varie tipologie di lance che nelle grandi battaglie del periodo Momoyama fu munito di archibugio (tanegashima teppō) e risultò determinante nell’affermazione della potente famiglia dei Tokugawa. É verosimile che l‘armatura risalga alla tarda età Edo, malgrado alcune sue parti richiamino i decenni compresi tra la fine del XVII secolo e la metà del XVIII. Presenta, infatti, protezioni per le braccia, per le mani e schinieri simili sia a quelli di un‘armatura della fine del XVII secolo custodita nelle Armerie della Torre di Londra, che ad una del Museo Stibbert di Firenze, del 1720. Oltre ad un elaborato elmo, l’armatura di Londra presenta, però, una corazza a piastre orizzontali laminate, simili a quelle d’ispirazione europea, mentre quella di Firenze è caratterizzata da un raffinato busto sbalzato. Il pettorale (do) di quella in esame è invece del genere pieghevole (tatami) e fu prodotta in gran numero e a buon mercato per la fanteria leggera, pur essendo utilizzata, in tipologie più elaborate, anche dagli uomini d’arme (bushi).
La protezione del busto è affidata a piastre rettangolari (karuta) in metallo laccato di colore nero, collegate tra loro da maglie di ferro a catena (kusari), cucite su un supporto di stoffa: questo aspetto e la maggiore aderenza al corpo del pettorale induce ad assegnare il manufatto alle ultime fasi del periodo Edo. Questa tipologia di protezione toracica, in varie e diversificate tipologie, fu infatti prodotta in tutto il periodo Tokugawa e utilizzata per l’ultima volta nel 1877, in periodo Meiji, durante la ribellione di Satsuma. Si consideri che la laccatura aveva la funzione di preservare il metallo dalla ruggine, ma anche ragioni estetiche. L’attuale elmo, d’epoca e compatibile con quello non più presente, fu acquistato a Roma nel 1982. L’elmo originale, probabilmente era uno zunari no kabuto, di foggia allungata sia anteriormente che posteriormente: il casco (haci), presentava una calotta tonda con attaccata, a protezione del collo e delle spalle, una protezione di lamine di ferro, laccate di nero, (shikoro) più ampia dell‘attuale. Come nel nuovo elmo la prima di queste lamine era ripiegata in avanti ai lati della visiera. La mentoniera copriguancia (ho-hate), comprende le lamine di protezione per la gola (yodare-kake) e fa parte, sin dall’origine, dell’armatura. La difesa delle spalle è affidata a piastre metalliche articolate e rese solidali mediante robuste fettucce di stoffa intrecciate (ko-sode). Sotto le protezioni in ferro dell’intera armatura si trova una robusta veste di lino grezzo. Dalle spalle ai gomiti gli arti sono protetti da un delicato intreccio di maglie, borchie e piastre di ferro: è interessante notare, all’altezza dei gomiti, sopra parte dell’armatura e a protezione degli avambracci (kote), la presenza del simbolo del bocciolo di ciliegio (sakura). Lunghe strische metalliche laccate proteggono gli avambracci e le gambe, dalle ginocchia alle caviglie (suneate). La parte alta degli schinieri, all’altezza delle ginocchia, presenta dei ricami esagonali in stoffa, con al centro un punto di colore nero (tateage): una scelta più funzionale al movimento che alla difesa. Le cosce sono invece protette da un gonnellino formato da sette distinte parti tra loro uguali, ricoperte ciascuna da più piastre metelliche: quattro sulla fronte (haidate) e tre nella parte posteriore (kusazuri). Sollevando il gonnellino, cucita sul lino si nota una lunga fascia orizzontale in seta sulla quale sono dipinti dei piccoli e delicati fiorellini rossi contornati da minuscole foglioline verdi. I paramani (tekkö) e le protezioni per i piedi (kögake) sono in metallo laccato nero: dato che i fanti leggeri combattevano privi di calzature o con leggeri sandali, la presenza dei kögake, della fascia in seta e la completezza delle protezioni, indica come l’amatura sia appartenuta a un guerriero, sia pur di rango non elevato. L’armatura si allaccia mediante robuste fettucce di stoffa, che nella parte posteriore, all’altezza della vita, scorrono attraverso due anelli metallici. Più in alto, fissata ad una delle piastre dorsali superiori è presente una borchia scanalata alla quale è fissato un altro anello metallico. Qualora si escluda l’appartenenza ad un ashirangu, che nel periodo Takugawa venne comunque a far parte dei primi gradini della casta militare, tanto che gli arceri erano serviti da reclute e servi, l’armatura potrebbe essere appartenuta a un goshi, o samurai di campagna. Si tratta di guerrieri che potevano portare due spade, possedere cavalli e cavalcare. Di rango superiore ai keikaku o “piccola nobiltà di campagna” ricoprirono un’importanza di primo piano nelle vicende che portarono alla restaurazione Meiji.
L’armamento offensivo del guerriero è completato da un vistoso arco (yumi) lungo 87,8 inch.  (78,7 inch. alla corda) laccato di nero con legature rosse, sul quale è riportata un’iscrizione, che, a seguito dei tentativi d’interpretazione, ci è stato suggerito possa  esprimere la seguente frase beneaugurante Giungano dal cielo per protezione cinque (cioè molti) soldati armati. Si tratta di un arco lungo per arciere appiedato alto da un m.1,65 a m 1,85 (nisun nobi), con la parte superiore più lunga, rispetto all’impugnatura, di quella inferiore, le cui caratteristiche di curvatura differiscono da quelle dell’arco asimmetrico tipicamente giapponese (daikyū, hankyū). L’armatura fu acquistata nel 1932 o nel 1933 dal dottor Domenico Lazzarini: era appartenuta al Dottor Leonardi, un suo collega medico e amico che abitava a Rimini e aveva compiuto lunghi viaggi all‘estero. Fu collocata, mantenendone la posizione in piedi, nella sala verde della casa di famiglia, una villa posta a ridosso della spiaggia di Viserba. Durante la Seconda guerra mondiale, smontata, fu riposta in soffitta dove rimase nascosta per tutto il periodo in cui l’abitazione, nel 1943, fu requisita dai Tedeschi e successivamente occupata da famiglie di sfollati. Il copricapo non è quello originale, rimasto nella disponibilità di altri familiari, sottratto o perduto. Tradizionalmente chiamata in famiglia Matzuoka, l’armatura richiama il nome giapponese di un generale, o del noto politico Yosuke Matzuoka (1880-1946), uno dei maggiori fautori dell’espansionismo nipponico. Nel dopoguerra Severina, la figlia più piccola del Dottor Lazzarini la portò a Venezia nella nostra abitazione, ma non fu rimontata e subì alcuni danni in seguito all’alluvione del 1966. Oggi, restaurata e ricomposta su di un manichino il cui volto feroce ricorda, ahimé, più un guerriero mongolo che giapponese, fa buona guardia alla casa romana di mia sorella Serena. Questa armatura giapponese, essenziale e priva delle eccessive decorazioni tipiche dell’epoca in cui venne forgiata, evidenzia comunque una buona fattura, che a parere dello scrivente la differenzia dall‘uniformità di quelle degli ashirangu, prodotte in quantità, meno complete e sovente contraddistinte da segni d’identificazione.

 


 
I periodi storici del Giappone:  
Yomon ca. 8000—300; Yayoi ca. 300 B.C – A.D. 300; Kofun ca. 300-552; Asuka 552-710; Nara 710-794; Early Heian 794-858; Late Heian (Fujiwara) 858-1185; Kamakura 1185-1333; Muromaki (Ashikaga)1336-1573; Azuki-Momoyama 1573-1600; Edo (Tokugawa) 1600-1868; Meiji 1868- 1912; L’Era moderna inizia con il periodo Meiji, tutt’ora in corso (Taishō 1913-1926; Shōwa 1927-1986; Heisei 1986-2019; Reiwa 2019 - …).

 

 
Bibliografia
- A short history of japonese armour, Published by Her Majesty Stationnery Office by Eyre and Spottiswoods Limited at Grosvenor Press Portsmouth, s.d.  
- Oscar Ratti, Adele Westbrook, I segreti dei samurai, le antiche arti marziali, Ed. Mediterranee, Roma 200710
- Enrico Colle, Francesco Civita (a cura di) Samurai! Armature giapponesi dalla collezione Stibbert. Catalogo della mostra (Firenze 29 marzo – 3 novembre 2013), Ed. Sillabe, Livorno 2013  
- Trevor Absolon, Samurai armour, The japanese cuirass, vol. I, Blomsbury Publicatiuons Plc, New York  2017
- Art of the Samurai, japanese arms and armor, 1156-1868, Morihiro Ogawa, The Metropolitan Museum of Art, New York 2019
- https://www.musubi.it/it/nihonto/tecnica/285-stibbert.html?showall=1

 
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