arresto da parte di privati in flagranza di reato
Giurisprudenza

l'articolo del nostro Codice di procedura penale che disciplina l’Arresto da parte dei privati è l’articolo 383 cpp
Visto che il nostro ordinamento giuridico ce lo consente, nell'ambito del corso istruttori SIA sono contemplate anche tecniche di immobilizzazione ecc.:
... magari molti non lo sanno...
l'articolo del nostro Codice di procedura penale che disciplina l’Arresto da parte dei privati è l’articolo 383 cpp, che testualmente recita: “1. Nei casi previsti dall’articolo 380 c.p.p. ogni persona è autorizzata a procedere all’arresto in flagranza, quando si tratta di delitti perseguibili di ufficio. 2. La persona che ha eseguito l’arresto deve senza ritardo consegnare l’arrestato e le cose costituenti il corpo del reato[253 2] alla polizia giudiziaria la quale redige il verbale [357] della consegna e ne rilascia copia”[2].
Come si evince dall’articolo 383, una facoltà di arresto è concessa quindi anche al privato cittadino, ma solo nei casi in cui l’arresto sia obbligatorio e il delitto sia perseguibile d’ufficio. Nella fattispecie, nei casi di furto in abitazione, quando c’è violenza sulle cose (effrazioni di porte o finestre) o uso di mezzo fraudolento, chiavi false, grimaldelli ecc. oppure nei casi di rapina, il reato è sempre perseguibile d’ufficio[3]. Si tratta, pertanto, di una forma di autotutela che il nostro ordinamento penale ha riservato al privato, in considerazione della necessità pratica che impone un’immediata e pronta reazione di fronte al perpetrarsi di un grave delitto.
Giova anche ricordare, che in quel momento il privato assume la qualità di pubblico ufficiale con tutte le conseguenze del caso ed è autorizzato anche a trattenere le cose rubate dal ladro o dal rapinatore, che costituiscono corpo di reato, assumendo la qualità di custode di cose sequestrate.
Resta inteso ed è condicio sine qua non che tale facoltà, proprio per il suo carattere eccezionale, non consente che l’arrestato sia trattenuto oltre il tempo strettamente richiesto all’esecuzione della consegna agli organi di polizia.
In poche parole, se un ladro è sorpreso in casa, o il rapinatore viene immobilizzato durante le fasi del reato da parte della vittima o di qualsiasi altro probo e coraggioso cittadino, questi ultimi possono procedere all’arresto del malvivente pur non essendo appartenenti alle Forze dell’Ordine, assumendo quindi la qualifica di Pubblico Ufficiale che comporta una serie di garanzie e di autotutela nei confronti delle eventuali reazioni del reo. Se ad esempio il delinquente ribellandosi al cittadino che lo sta arrestando, usa violenza o minaccia nei suoi confronti o di chiunque presta aiuto nel tentativo di fermarlo, sarà poi processato anche per il reato di cui all’art. 337 del codice penale che dice: “Chiunque usa violenza o minaccia (1) (2) per opporsi a un pubblico ufficiale o a un incaricato di un pubblico servizio, mentre compie un atto di ufficio o di servizio, o a coloro che, richiesti, gli prestano assistenza, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni “[4].
Naturalmente, non integra né violenza né minaccia la resistenza meramente passiva (ad esempio, buttarsi a terra, rifiutarsi di obbedire etc.) e quindi essa non integra il delitto in esame neppure nel caso in cui il pubblico ufficiale sia costretto a usare la forza per vincerla. E’ necessario quindi che la resistenza abbia il carattere di comportamento attivo, e in particolare, aggressivo e non difensivo.
Inoltre, nel 2006, con la legge 13 febbraio n. 59 (“Modifica all’articolo 52 del codice penale già denominato “Legittima Difesa”, in materia di diritto all’autotutela in un privato domicilio.”) è stato aggiunto un comma che recita così:
«Nei casi previsti dall’articolo 614, primo e secondo comma, sussiste il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere:
a) la propria o altrui incolumità;
b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d’aggressione.
La disposizione di cui al secondo comma si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale.»