Antitaccheggio: la corretta procedura per la GPG - SIA Sistema Italiano Autodifesa Professional

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Antitaccheggio: la corretta procedura per la GPG

Giurisprudenza






Di Leandro Abeille,
sociologo, Istruttore certificato di Maritime Security, OSCE “Certified Law enforcement instructor”, formatore dei formatori certificato in security e DM154.


Siamo in un grande negozio – all’improvviso – gli allarmi antitaccheggio suonano, una persona, divenuta sospetta, dovrà essere controllata dalla Guardia Giurata di servizio. L’uomo della sicurezza si trova di fronte ad un “sospetto ladro”, tuttavia, l’allarme può aver suonato per diversi motivi, non tutti leciti ma neanche, certamente, tutti illeciti. L’esigenza di un controllo sulla persona, senza avere poteri di Pubblica Sicurezza o Polizia Giudiziaria, ma da incaricati di pubblico servizio, molte volte provoca diversi grattacapi. La poca conoscenza delle norme spinge a volte le guardie giurate a controlli inefficaci o a controlli che superano i loro poteri, con più di qualche sudore freddo, quando intervengono le forze di polizia. L’incertezza provoca, inoltre, frustrazione che spesso sfocia in comportamenti poco professionali.

La Guardia Giurata è obbligata ad intervenire?

Nel caso di fondato sospetto circa un possibile furto, perché gli allarmi hanno suonato o perché la Guardia Giurata ha visto movimenti repentini, poco equivocabili, del furto di un bene; al passaggio delle casse (fino alle casse si ha la possibilità di pagare) ed in prossimità dell’uscita, la G.P.G. ha il dovere di controllare. Non è una facoltà, come quella di chiedere gentilmente di vedere lo scontrino o la busta a campione, a cui il consumatore si può tranquillamente rifiutare, ma un obbligo previsto dal Testo Unico delle leggi di Pubblica Sicurezza secondo il quale, a norma dell’art. 133 e 134, le guardie giurate sono destinate “alla vigilanza o custodia delle proprietà mobiliari od immobiliari”. Il termine[1] vigilare significa proprio “stare attento”, “sorvegliare” mentre con custodire s’intende “esserne responsabile”, “averne cura”; è pacifico allora che una G.P.G. non può non effettuare una legittima operazione di controllo sulla persona e sulle cose da essa trasportate (es. le borse), al fine di verificare se questa abbia il possesso di un bene sottratto illecitamente e sottoposto alla vigilanza e custodia dell’agente di security.





Esaminando i casi possibili

Con interventi del Dott. Alberto Capuano (Giudice penale), del Dott. Eugenio Polcari (Giudice Civile).

Una persona è fortemente sospettata di non aver pagato uno o più beni che porta indosso. La Guardia Giurata chiede (gentilmente) di fare dei controlli incrociati tra lo scontrino, le borse e la persona (tasche, interno degli abiti etc.) anche con il sistema del pat down[2].

Due sono i casi:

La persona accetta;
La persona non accetta.
Se la persona (maggiorenne e capace) accetta il controllo.
si può procedere ad una ricerca (guardando le borse, facendo svuotare le tasche oppure palpando il corpo) anche sulla persona, giustificato dal “consenso dell’avente diritto” ex art. 50 CP. (questa attività non rientra nella fattispecie della perquisizione). Al termine del controllo, in caso negativo, si ringrazierà, si spiegheranno i motivi del controllo, esprimendo gratitudine per la gentilezza dimostrata.
In caso di ritrovamento di beni non pagati si procederà, di concerto con l’avente diritto (di solito il direttore del punto vendita), al pagamento o alla restituzione della merce o alla querela, con la contestuale richiesta d’intervento alle forze di polizia.

Se la persona non accetta il controllo.
Si comunicherà alla stessa di voler attendere insieme l’arrivo delle forze di polizia, che saranno chiamate immediatamente. In caso di pacifica e consensuale attesa, si aspetteranno le forze di polizia, il tempo necessario, anche in una zona riservata.
Una volta arrivata la forza di polizia, in caso di riscontro negativo, si ringrazierà, si spiegheranno i motivi del controllo, esprimendo gratitudine per la gentilezza dimostrata.

In caso di ritrovamento di beni non pagati, l’avente diritto (non la G.P.G.) procederà alla querela, oppure alla richiesta di pagamento della merce trovata o addirittura alla mera restituzione senza ulteriori conseguenze.

In caso di proteste vibranti che possono virare verso la violenza, la Guardia Giurata, che avrà immediatamente allertato le forze di polizia, avvisando l’Autorità che la situazione potrebbe degenerare, date le intemperanze altrui, impedirà fisicamente (frapponendosi con il corpo senza alcuna violenza) l’uscita.
In caso di aggressione violenta (schiaffi, pugni, poderose spinte, calci, morsi etc.) verso la G.P.G. che possa far configurare la “resistenza ad Incaricato di Pubblico Servizio” ex art. 337 C.P., sarà facoltà della stessa fare ulteriore richiesta con urgenza dell’arrivo delle forze di polizia (anche demandando il compito al direttore del punto vendita che ai sensi dell’art 652 C.P. in quale, tranne legittimo impedimento, non potrà rifiutarsi) e bloccare la persona violenta, anche con mezzi di contenzione fisica, se resisi indispensabili dallo “stato di necessità” di cui all’art. 54. C.P. Rimane pacifico che la G.P.G. operante dovrà essere refertata in ospedale per i danni subiti e relazionare, denunciando[3] il soggetto attivo per il reato ex art 337 CP. La denuncia è un obbligo, essendo un reato procedibile d’ufficio (questo vuol dire che la forza di polizia intervenuta, non dovrà aspettare una querela di parte ma procedere autonomamente).

Non è ammessa alcuna deroga (e per nessuna ragione) in capo alla G.P.G., essendo reato, l’omessa denuncia dell’incaricato di pubblico servizio[4]. In caso di referto medico, prodotto dalla G.P.G./Incaricato di Pubblico Servizio, ai soli fini dell’astensione dal lavoro ma senza la denuncia all’Autorità (nei modi e nelle forme previste dalla legge), si può far prefigurare una specifica responsabilità amministrativa richiamata, tra le altre, nel punto 1a.b dall’allegato D del DM 269/10 in capo al Direttore Tecnico, l’institore o al titolare dell’Istituto di Vigilanza (ivi comprese le figure manageriali)[5].

Da ultimo il caso in cui non ci sia stata alcuna resistenza ma la persona momentaneamente bloccata (fino all’arrivo delle forze di polizia, sul fondato sospetto che abbia commesso un furto) abbia reso noto che quella sua permanenza fosse non voluta e che essa rappresentava una privazione della libertà personale ingiustificata, vietata dalla Costituzione e dalla legge[6].
In caso di ritrovamento di merce rubata la forza di polizia e l’avente diritto agiranno come nei precedenti esempi.

Nel caso in cui non venga rinvenuta alcuna traccia del reato, sarebbe questa sorta di “blocco/fermo” una fattispecie di sequestro di persona?

Secondo il Dott. Alberto Capuano Giudice presso il Tribunale Penale di Ischia (sez. Distaccata di Napoli): «Preliminarmente è necessario ricordare che il “fermo” di una guardia giurata deve essere distinto dal fermo di polizia giudiziaria previsto dall’art. art. 384 c.p.p. il quale prevede la adozione di un provvedimento limitativo della libertà personale, caratterizzato dell’urgenza e dal pericolo di fuga dell’indagato.

Inoltre, il fermo il fermo di polizia giudiziaria implicherebbe una successiva e tempestiva convalida da parte della autorità giudiziaria essendo prevista la richiesta di convalida dal P.M. al G.I.P. territorialmente competente.

Ciò che può essere intimato dalla guardia giurata è la mera richiesta alla persona sospettata di fermarsi, allo scopo di esibire il contenuto delle borse che ha con sé. Ma a questa richiesta non corrisponde nessun obbligo atteso che la persona da controllare non è in alcun modo obbligato a far visionare il contenuto delle borse che porta con sé, né può essere sottoposto a perquisizione personale, altra attività che può essere effettuata solo da appartenenti alla polizia giudiziaria.

La perquisizione, di ogni genere, possono svolgersi solo se autorizzate dall’autorità giudiziaria o nei casi specifici previsti dalla legge (art. 13 Cost.).

Ma, ancor più importante, nessun cliente deve sottostare al fermo imposto dalla guardia giurata poiché di esclusiva competenza delle forze di polizia.

Tuttavia, rispondendo alla domanda, come già deciso dal Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Modena, non può ritenersi sussistente una ipotesi di sequestro di persona nel caso in cui la G.P.G. trattenga la persona da controllare contro la sua volontà. Appare evidente la insussistenza dell’elemento psicologico del reato atteso che la eventuale privazione della libertà personale verrebbe posta in essere al solo scopo di consentire l’arrivo della polizia giudiziaria preposta sia alla attività di perquisizione sia a quella di fermo o di arresto nel caso di sussistenza della flagranza del reato.

Appare, altrettanto, chiaro, però, che la G.P.G. non può adottare mezzi coercitivi della libertà personale nei confronti della persona da controllare (tranne che la G.P.G. non stia subendo violenza) alla quale non potrà essere impedito, mediante l’uso immotivato della forza, di accedere all’uscita del supermercato, fatta salva la mera frapposizione fisica della Guardia Giurata tra la persona sospettata e l’uscita. E’ invece assolutamente sconsigliabile bloccare la persona, (seppur sospettata di un furto) che vuole uscire, con mezzi fisici, ad esempio bloccandola tra due porte di uscita o chiuderla a chiave in una stanza».

Nel caso di una lunga attesa, tale da aver provocato un danno, seppur lieve (ritardo al lavoro, mancato guadagno per un’ora di lavoro, impossibilità a proseguire le normali attività quotidiane) sarebbe possibile chiedere un risarcimento alla G.P.G. o al titolare dell’esercizio?

Secondo il dott. Eugenio Polcari, Giudice del Tribunale Civile di Ischia (sez. Distaccata di Napoli): «A norma dell’art. 2043 codice civile “qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”. Non basta quindi che si sia verificato un fatto oggettivamente produttivo di conseguenze lesive, perché il danneggiato possa chiedere un risarcimento. Occorre invece che il soggetto danneggiante abbia agìto con dolo o colpa.

Occorre quindi distinguere i due diversi casi:

si ha dolo: quando il fatto sia stato commesso in modo consapevole e volontario (e cioè: proprio allo scopo di produrre quel danno);
si ha colpa, quando il soggetto non vuole danneggiare nessuno, ma pone in essere un comportamento produttivo di danno, che sia censurabile per imprudenza, imperizia, negligenza.
Escludendo ogni ipotesi di volontà colpevole (dolo) nel produrre il danno, occorre allora (perché si abbia danno risarcibile) che la G.P.G. abbia agìto in modo imprudente e superficiale, procedendo “senza ragione” al controllo “proprio di quel cliente”.

Esemplificando, non sarà mai ravvisabile la colpa in agendo della G.P.G. ove il controllo del cliente avvenga nei seguenti casi:

suono del segnale antitaccheggio al passaggio della persona;
appropriazione di oggetti, celati sulla persona del cliente o nella sua borsa, quando la G.P.G. quei movimenti furtivi abbia visto con i suoi occhi, o dalla telecamera;
ingombri manifestamente sospetti sotto i vestiti del cliente.
Anzi: nei casi sub b) e c) la G.P.G. potrà procedere al controllo ancora prima del passaggio delle casse (essendo evidente la volontà del cliente di non pagare la merce ormai già occultata sulla propria persona).

Può poi darsi il caso in cui il sistema antitaccheggio entri in azione per un malfunzionamento tecnico.

In tal caso:

va esclusa ogni responsabilità della G.P.G.;
potrebbe ravvisarsi la responsabilità del titolare dell’esercizio, se il guasto si sia verificato per mancanza di manutenzione;
altrimenti il fatto va ascritto al “fortuito” (situazione imprevedibile, non ascrivibile alla responsabilità di alcuno).
Va infine precisato che, nei casi in cui sia ravvisabile la culpa in agendo della G.P.G., che abbia comunque operato nell’adempimento delle proprie mansioni, responsabile civilmente per i danni arrecati sarà (anche) il titolare dell’esercizio, ex art. 2049 codice civile (cd. “responsabilità dei padroni e committenti”).

Trattasi di ipotesi di cd.  “responsabilità oggettiva” (per fatto altrui), cioè disancorata dal presupposto del dolo e/o della culpa in agendo, ed è una previsione che ha natura di norma “eccezionale”, rispetto alla regola generale canonizzata dall’art. 2043 codice civile».

Conclusioni

Da quanto esposto si può affermare che la G.P.G. deve intervenire in casi di sospetto furto e non deve temere nulla se il suo modus operandi è conforme ai limiti imposti dalla legge, che non sono però ostativi per un intervento efficace e risolutivo.

C’è da ricordare che quanto illustrato, tuttavia, vale per le G.P.G. di cui agli artt. 133 e 134 TULPS e riconosciute ai sensi dello stesso art. 138 quali incaricati di pubblico servizio e non ai cd. “servizi fiduciari” (o anche sicurezza non armata) che, seppur regolarmente e legittimamente impegnati in funzione antitaccheggio, non hanno un obbligo giuridico di vigilare e custodire beni mobili e immobili (se non gli obblighi che derivano dal loro contratto di lavoro) e soprattutto non sono tutelati dagli art. 336 e 337 C.P. per le violenze o le minacce che vengono su di loro compiute. Questi limiti rendono i loro interventi di assoluta minore efficacia rispetto alle G.P.G.

[1]Per i significati indicati vedasi vocabolario on line Treccani.

[2] La tipica forma di controllo di sicurezza che viene svolta nei porti e negli aeroporti al fine di verificare se il passeggero non porti indosso articoli proibiti.

[3] Art. 331 c.p.p. “… i pubblici ufficiali e gli incaricati di un pubblico servizio che, nell’esercizio o a causa delle loro funzioni o del loro servizio, hanno notizia di un reato perseguibile di ufficio, devono farne denuncia per iscritto, anche quando non sia individuata la persona alla quale il reato è attribuito. 2. La denuncia è presentata o trasmessa senza ritardo al pubblico ministero o a un ufficiale di polizia giudiziaria”.

[4] Art. 336 C.P. “Incaricato di un pubblico servizio, che omette o ritarda di denunciare all’Autorità indicata nell’articolo precedente un reato del quale abbia avuto notizia nell’esercizio o a causa del suo servizio, è punito con la multa fino a lire duecentomila”.

[5] b) inviare al termine di ciascuna giornata lavorativa al Questore della Provincia interessata un foglio notizie sui fatti costituenti reato, di cui le guardie hanno avuto cognizione nel corso dell’espletamento del servizio, nonché ogni altra informazione degna di particolare attenzione per l’ordine e la sicurezza pubblica. Le relazioni di servizio redatte dalle guardie giurate sui medesimi fatti, sono custodite agli atti dell’istituto di vigilanza privata, presso la sede interessata, per essere esibiti a richiesta degli ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza;

[6] Art. 606 C.P. Sequestro di persona. “Chiunque priva taluno della libertà personale è punito con la reclusione da sei mesi a otto anni…”
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